mercoledì 6 giugno 2012

Giallo in Rai (2)


Emanuele Gagliardi
autore de La maschera

Abbiamo segnalato Nera la notte e La maschera, gialli-noir partoriti dalla fantasia di due dipendenti della Rai - Radiotelevisione Italiana che si sono aggiudicati ex aequo la II Edizione del Premio letterario NarreRai riservato ai lavoratori della Tv di Stato. Siamo riusciti a raggiungere telefonicamente uno degli autori, Emanuele Gagliardi (La maschera), il cui romanzo ci aveva incuriositi  soprattutto per l’ambientazione: i corridoi dei palazzi Rai in cui si rincorrono e si scontrano, invidie, stalking, ricatti a sfondo sessuale ed omosessuale…
  “Romano de Roma”, 42 anni, giornalista, studioso di politica internazionale e di storia orientale, Gagliardi si è intrattenuto volentieri a cordiale colloquio con NOSTALGIALLO raccontando la genesi del suo libro e complimentandosi con il nostro sito che, ha detto, «è un autentico paese dei balocchi» per chi come lui fa del vintage «un vero e proprio stile di vita» (la foto che ci ha inviato sembra confermare l’affermazione).

*
NOSTALGIALLO: Come nasce l’idea di un giallo ambientato in Rai?
EMANUELE GAGLIARDI: In effetti è nata prima l’idea di scrivere un giallo, genere che apprezzo praticamente da quando ho imparato a leggere! Poi la passione per il vintage – che abbraccio in toto (musica, abbigliamento, letture…) come vero e proprio stile di vita – mi ha suggerito di collocare cronologicamente la vicenda nei primi anni Settanta, epoca a cui sono profondamente legato anche per questioni anagrafiche. Da ultimo è giunta l’idea di ambientare la storia dentro la Rai. Lavoro da tredici anni in questa azienda, per cui ho avuto gioco facile nel ricostruire le location ma anche l’atmosfera “un po’ taylorista, un po’ fantozziana”, come nota il commissario Soccodato che svolge le indagini nel mio romanzo. Credo, poi, che vi sia parecchia curiosità intorno alla Rai che non si vede in televisione…

N.: Ricatti a sfondo sessuale, mobbing, stalking… accade tutto questo in Rai?
E.G.: “Rai, di tutto di più”… ricordate il vecchio slogan? Scherzi a parte,… la vicenda del romanzo con tutte le sue implicazioni è di pura invenzione. La Rai è una realtà enorme, è una delle maggiori aziende di comunicazione d’Europa, il quinto gruppo televisivo del Continente. All’interno di un contesto così grande non è escluso che possano verificarsi fenomeni di varia natura e gravità. Però, ripeto, quanto narrato nel mio libro è del tutto fantasioso.

N.: Ci puoi riassumere in poche parole la trama del romanzo?
E.G.: È domenica 28 ottobre 1973, una giornata piovosa, fredda, vigilia dell’austerità che il governo Rumor sta per varare per far fronte alla crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur. In un condominio di Piazzale Clodio, a due passi dal Centro di Produzione Tv di Via Teulada, viene rinvenuto il cadavere martoriato di un funzionario Rai, addetto ai rapporti sindacali. Partono le indagini da cui si scopre che il dottor Guido Del Prà, così si chiamava la vittima, aveva simpatie extraparlamentari, maoiste per l’esattezza; conduceva un tenore di vita più elevato di quanto potesse permettergli il suo salario, collezionava preziose porcellane cinesi di provenienza non sempre legale e, last but not least, era omosessuale. Da queste circostanze si prospettano per gli inquirenti almeno tre piste: quella politica; quella del commercio illecito di opere d’arte che potrebbe sconfinare nello spionaggio, infatti Del Prà frequentava regolarmente agenti cinesi; infine quella dell’omosessualità. Credo che tanto basti: l’autore di un giallo deve agire come l’assassino, lasciare meno indizi possibili! Chi vuol saperne di più vada in libreria…

N.: Il titolo, La maschera, ha un significato preciso?
E.G.: Ho scelto il titolo per due ragioni. La prima del tutto contingente: volevo fissare un ricordo d’infanzia. La maschera mortuaria in bronzo del grande attore Ettore Petrolini vista in casa di amici di famiglia quando avevo sette anni. Un oggetto avvolto da un alone di inquietante mistero, per un bambino. Un oggetto che ha una sua parte nel romanzo…
Poi c’è l’accezione pirandelliana della maschera. Tutti i personaggi, eccezion fatta per il commissario e pochi altri, coprono meschinità, fobie, debolezze e perversioni dietro varie maschere: il manager d’assalto, le brave colleghe, il mite collezionista… Ovviamente anche questa fauna non è esclusiva della realtà Rai, ma fa parte della società di cui ogni ambiente lavorativo, più o meno marcatamente, costituisce una versione in scala.

N.: Il poliziotto che indaga e narra in prima persona, il commissario Umberto Soccodato, è in qualche modo un tuo alter ego? Ci sembra di riconoscere la foggia degli occhiali…
E.G.: Attingere all’esperienza personale, anche per quanto riguarda attitudini, sensazioni, emozioni, serve a modellare personaggi più plausibili. Anche la scelta della narrazione in prima persona è stata voluta per questo. Soccodato ha molto di me… compresi gli occhiali!

N.: Anche la passione per le peregrinazioni nei rioni storici di Roma?
E.G.: Assolutamente sì. Sono, per scelta e con vanto, un “diversamente motorizzato”… eufemismo politically correct per dire che non ho la patente e son contento! Quando ho tempo, prendo una delle mie macchine fotografiche, rigorosamente caricata con pellicola in bianco e nero, e mi tuffo per i quartieri romani a caccia di immagini, scorci, dettagli. Monti, Trastevere, ovviamente, ma pure Ostiense, San Giovanni, Centocelle… Roma non è solo Colosseo e Piazza di Spagna. Mi piace sviscerare la storia: il frammento di capitello  imperiale incastonato chissà perché nei muri di un palazzo ottocentesco; la testa levigata da venti secoli d’intemperie incastrata fra i mattoni di una torretta medievale; le buche per le elemosine, accanto ai portali delle chiese, decorate con teschi, scheletri e demoni, memento mori per spronare a far del bene finché si è in tempo… Roma è piena di piccoli e grandi misteri.

N.: In Rai, a quanto risulta dalle note in terza di copertina del tuo libro, ti occupi di archivi multimediali. Il tuo lavoro ha avuto una parte nella stesura del romanzo?
E.G.: Lavoro presso la Direzione Teche, in pratica il baule dei ricordi della Rai. Non un deposito polveroso o di saltuaria utilità, ma un vero e proprio tesoro iconico che viene recuperato e salvaguardato con moderni sistemi digitali. Parliamoci chiaro: la Rai è l’unica custode delle immagini di almeno un trentennio di storia italiana! E anche dopo l’avvento delle televisioni commerciali ha continuato ad essere testimone dell’evoluzione storica e sociale del Paese. Di certo il materiale a cui ho accesso per ragioni professionali si è rivelato insostituibile nella ricostruzione minuziosa e fedele dell’epoca narrata nel romanzo, dalle notizie di cronaca al telequiz, dalla hit-parade al varietà.

N.: Hai altri gialli «vintage» nel cassetto?
E.G.: Sì. Uno è ambientato in una località balneare della riviera romagnola nell’estate 1966, scandito dalle partite dei Mondiali d’Inghilterra prematuramente chiusisi per la Nazionale di Mondino Fabbri con la bruciante sconfitta per 1-0 ad opera della Corea del Nord. Un altro di svolge a Roma, durante il caso Moro e un altro ancora, in fase di revisione finale, si sviluppa nei giorni della nevicata del marzo 1971… Ora si tratta di riuscire a far passare questi manoscritti dal mio cassetto a quello delle evidenze di qualche casa editrice!

Nessun commento:

Posta un commento